La sala deve il proprio nome alla presenza delle due grandi finestre di stile tardo gotico, meravigliose testimonianze del palazzo commissionato dalla famiglia Miniscalchi sul finire del Quattrocento.
Originariamente le bifore erano aperte, a modo di loggia, su un cavedio affrescato chiuso verso la strada dalla porzione centrale della facciata, come dimostrano i lacerti di affreschi che proseguono fin sotto il pavimento e ricompaiono lungo i muri perimetrali del primo vano dell’atrio.
Nel corso dei secoli numerosi furono gli interventi che alterarono l’aspetto originario dell’ambiente trasformandolo da cavedio a sala fino a quando, nel 1951, nell’ambito della sistemazione postbellica, fu adibita all’esposizione di parte delle raccolte conservate nel palazzo e familiarmente chiamata “sala museo”.
Lo splendido insieme che oggi è possibile ammirare, offre lo sfondo all’esposizione di cinque preziosi piatti istoriati rinascimentali di manifattura urbinate. Tra questi, si segnala il piatto da “parata” appartenuto a Isabella d’Este Gonzaga realizzato tra il 1519 e il 1525 da Nicola da Urbino, uno dei più celebri maestri maiolicari del Cinquecento.